Pratico da molti anni uno sport importante come è il calcio nel nostro Paese. Grazie ad esso ho potuto evolvermi come persona, esprimendo la mia passione sui campi da gioco e, successivamente, dando spazio ad una seconda passione altrettanto potente, interrogandomi su come fosse possibile migliorare la mia vita da sportiva di alto livello con idee attorno ad essi.
Sono cresciuta giocando, scambiando opinioni e pensieri, imparando cosa significhi essere una calciatrice nel mio Paese nella quotidianità e ascoltando tante persone nella mia formazione parallela attorno al gioco del calcio. Cominciando ad apprendere come esprimermi nei luoghi dove quel gioco veniva plasmato.
Dare la possibilità ad un individuo di fare un percorso del genere, mettendo in atto le proprie potenzialità su più livelli, dovrebbe essere sempre prioritario nelle attività di uno Stato che sostiene i suoi cittadini.
L’opportunità di fare un percorso come il mio è cresciuta in maniera rilevante rispetto a qualche anno fa e il punto di partenza da cui chiunque può iniziare è migliorato notevolmente. Un concetto chiave quello di partenza. Si è spesso ripetuto quanto sia importante dare la possibilità alle ragazze di giocare a calcio e si è sottolineato l’aspetto di valenza sociale che questo sport porta con sé in Italia.
Vorrei però concentrarmi su qualche numero da studiare e qualche passo concreto da fare in questi anni per cogliere le nuove opportunità e sfide che si sono aperte davanti a noi.
Prendo come spunto il giro di audizioni della 7° Commissione del Senato della Repubblica sulle Prospettive di riforma del calcio italiano da poco conclusosi. Il documento di sintesi di questi confronti ha offerto una piccola differenza di prospettiva che noto nell’analisi del calcio femminile italiano. Uno spazio in più che viene dedicato al nostro settore, dopo molti anni di sottovalutazione in realtà tutt’altro che estinta, trattato come punto specifico ma anche trasversale. E non parlo di settore a caso. Se si vuole affrontare il tema della riforma del calcio italiano non possiamo infatti prescindere dal trattare uno dei suoi settori più in ascesa. La crescita del calcio italiano passa necessariamente dalla valorizzazione di una delle sue parti ancora più inesplorate e questo sembra certamente un po’ più chiaro oggi rispetto a ieri. Condivido allora alcuni piccoli spunti, indicatori e focus che scaturiscono da questa sintesi così come dalle mie conoscenze specifiche.
Analizzando i dati forniti da Report Calcio 2024 della FIGC, citato a più riprese, si notano alcune variazioni sui numeri del nostro sistema. Nei numeri dell’attività professionistica nella sezione sui calciatori
tesserati, vediamo che, per la prima volta dalla stagione 2009/2010 che contava 14476 unità, nella stagione 2022/23, anno in cui è entrato in vigore il professionismo per la Serie A Femminile, si è oltrepassata quella cifra arrivando alle 14.615 unità.
Parimenti, si può notare il dato riguardante i giovani e le giovani di serie, che passano dalle 10.959 unità del 2009/2010 alle 11.216 unità attuali, con un balzo di quasi 1000 unità rispetto alla stagione precedente. Piccole ma rilevanti variazioni nel mondo del calcio professionistico. Quello femminile conta ancora un numero basso di tesserate (la metà della Spagna campione del mondo e ancor meno rispetto a paesi storicamente più avanzati) e questo, più di ogni altra cosa, dovrebbe essere già un focus importante di lavoro. La base della nostra piramide sportiva ci vede infatti in ritardo sui competitor internazionali e in difficoltà nel fornire facile accesso alla pratica sportiva. Ad una domanda oggi crescente, non s’incontra un’offerta sufficiente per soddisfarla, cosa che ci fa disperdere potenziali atlete di ogni livello.
Questa offerta non è data, però, solamente dalla punta della piramide sportiva, che vanta poco più di 3000 calciatori e calciatrici, tesserati da club che competono ai massimi livelli. Bensì dalla capacità di accoglienza che hanno le nostre società sul territorio, quelle dilettantistiche e di attività di base. Il campo su cui giocare la vera sfida che porti ad un aumento capillare della pratica di bambine e adulte.
C’è dunque un discorso di competitività, anche internazionale, ma soprattutto di attenzione a ciò che sta dietro a questa punta di diamante e che può permettere a più ragazze, persone, cittadine, di avvicinarsi e rimanere dentro la pratica sportiva, con gli infiniti benefici che da essa possono scaturire, dall’espressione come singoli all’impatto positivo come individui parte di una comunità, se guardiamo per esempio alla sanità pubblica. Si tratta di dare una possibilità in più alla nostra stessa società di svilupparsi in maniera ottimale.
Bambine e donne calciatrici, tifose, persone trasportate da questo sport che tanto amiamo: oggi abbiamo alla base più di 1 milione di tesserati e con le potenzialità inesplorate del settore possiamo immaginare quale vertiginosa crescita possano avere questi numeri. Che corrispondono ad un effetto sociale specifico.
Sempre nel Report FIGC si parla dell’impatto economico, fiscale ed occupazionale del calcio in termini di PIL, contribuzione fiscale e previdenziale e capacità d’impiego per lo Stato. E anche qui è utile riflettere su quanto questo sistema potrebbe ampliare questi numeri evolvendo un suo singolo settore. Cosa possono diventare 11 miliardi di euro di PIL, una contribuzione fiscale e previdenziale di 1,3 miliardi di gettito dal professionismo, con 120 mila posti di lavoro coinvolti, espandendo un settore di un sistema che ha un tale engagement di pubblico? Cosa può fare lo Stato per favorire questo processo?
Sappiamo che gli investimenti dei club professionistici e dei club dilettantistici storici che hanno fatto il grande salto entrando nel mondo professionistico nella stagione 2022/23 sono stati anche importanti e che sono stati supportati in questa transizione da uno strumento governativo quale è stato l’emendamento Nannicini. Nato come sgravio contributivo semplice nella sua prima stesura di fine 2019 post Mondiale e trasformatosi, dopo il Covid-19, di fatto in un volano per il cambio di status delle atlete, che ha permesso di sostenere i club con somme destinate a specifiche e virtuose esigenze di spesa, per il passaggio al professionismo e per una crescita strutturale degli stessi.
È necessario dunque continuare a sostenere quello che è un settore parte di un più importante sistema sportivo impattante sulla nostra società. Mantenendo un’azione continua sull’asse territoriale e su quello di vertice, che garantisce la vetrina più importante e che oggi è di fatto una startup appena lanciata, l’insistenza dell’intervento governativo garantirebbe la buona riuscita di una tale fase di avviamento.
Altrettanto necessario è però pensare anche investimenti strutturali per una programmazione a lungo termine adeguata.
A tal proposito è oggi aperta una discussione attorno alla legge che regola la mutualità in Italia. La Melandri ha attraversato infatti numerose modifiche ed integrazioni dalla sua entrata in vigore del 2008, specialmente nella parte riguardante la suddivisione dei diritti audiovisivi. Rimane tutt’oggi faro nel garantire la previsione di rappresentanza degli atleti e delle atlete negli organi decisionali di tutti gli sport col 20% riservato appunto ai loro protagonisti, mentre si sente finalmente discutere di una redistribuzione del 10% delle risorse che alimentano l’intero sistema calcio, la mutualità appunto, che arriva oggi a Serie B, Lega Pro, LND e Figc ma che non destina cifre al calcio femminile. L’idea è oggi discussa, così come si potrebbe pensare ad una rivisitazione del sistema di suddivisione delle risorse derivanti dal mercato dei diritti audiovisivi tra le società. Risorse destinate a specifiche categorie come quelle di bacini d’utenza e radicamento sociale, al quale si potrebbe aggiungere una categoria premiante nei confronti delle società che investono nel settore femminile.
Spostandosi sul calcio giocato, è sempre di attualità il tema dei selezionabili che impatta sulle Nazionali Italiane. Anche qui si discute spesso dello spazio di gioco degli atleti formatisi in Italia e si pensa all’inserimento nella Melandri di destinazione di risorse per l’impiego di atleti selezionabili per la Nazionale. E allora ecco un altro motivo per supportare un movimento che prevede una norma per le formate che garantisce un numero di atlete selezionabili per le Nazionali italiane in lista gara di campionato: un concreto esempio di tutela dei nostri vivai e della nostra Nazionale.
Nazionale che è fresca di qualificazione da prima del girone a Euro2025, dopo aver superato precedentemente anche un girone di ferro nella prima UEFA Women’s Nations League, arrivando seconda dietro alla Spagna e davanti alla Svezia, storica potenza del calcio femminile, prima nel ranking mondiale al momento della competizione. Le Azzurre si sono qualificate per partecipare ad un Mondiale dopo 20 anni nel 2019 e a quello successivo nel 2023, certificando un trend di crescita evidente. Va da sé che i risultati della nostra rappresentativa hanno un’enorme influenza sulla disciplina nel nostro Paese sotto molti aspetti. E siamo dunque arrivati oggi anche ad esprimere una manifestazione d’interesse per ospitare Euro2029 in Italia. Tutte le indicazioni certificano che l’impatto dato dall’organizzazione di una competizione internazionale ha un’enorme ricaduta in termini di seguito, di praticanti e fan nel paese ospitante. Oltretutto, gli standard infrastrutturali sono differenti tra calcio maschile e femminile, cosa che permetterebbe di utilizzare molti degli stadi di cui è dotata l’Italia. Che traino potrebbe rappresentare per il nostro settore?
Un settore in cui già credono i nostri club: oltre alla crescita del campionato italiano con l’ingresso di nuove società, in pochi anni dall’introduzione dei gironi nella UEFA Women’s Champions League siamo riusciti a portare tre squadre nella competizione e nell’attuale stagione nuovamente due alla sua fase gironi che corrisponde al piazzamento tra i migliori 16 club d’Europa.
Ci sono, dunque, considerazioni e fatti che dimostrano potenzialità e crescita tangibile della disciplina e di chi la segue e pratica. Il contributo che lo sport può dare nelle sue mille declinazioni lo conosciamo. Ma sappiamo anche che il calcio in Italia è, oltre che sport, luogo di potere, come ogni sport che in un dato paese raggiunga un livello importante di influenza sulla società. È per questo che oltre allo sviluppo personale che ogni sport può garantire e come il mio percorso può indicare, quello che il calcio femminile può fare è esercitare una forza capace di aprire le porte di luoghi decisionali, d’influenza sull’immaginario collettivo e d’impatto sociale straordinari. Dare importanza, ergo sviluppare concretamente, il calcio femminile, significa spostare equilibri della nostra intera società. Equilibri di percezione e quindi anche di sostanza nel mondo odierno.
Questo contributo è tratto dal volume tematico
Potere femminile e violenza di genere